PER RESTITUIRE CIÒ CHE ABBIAMO RICEVUTO

PER RESTITUIRE CIÒ CHE ABBIAMO RICEVUTO

Verso metà novembre, a Portofranco si presentano due sorelle, di 21 e 16 anni, straniere. Le ragazze, arrivate da poco in Italia, non parlano l’italiano, per fortuna le accompagna la zia, che vive e lavora da tempo in Italia. Questa parente ci racconta che la mamma è così provata e in difficoltà che per ora non riesce a essere di sostegno ai figli e per questo se ne sta occupando lei. L’aiuto immediato che ci chiede sono lezioni di italiano, consapevole del fatto che sono assolutamente necessarie per intraprendere un percorso scolastico.
Altro argomento affrontato: la valutazione di un istituto scolastico adatto per la ragazza più piccola. Nel dialogo si percepiva tutta la preoccupazione della zia verso le nipoti. Ci siamo lasciati con la promessa che avremmo fatto un lavoro di ricerca avvalendoci dei nostri amici insegnanti e che al più presto l’avremmo richiamata per fissare una prima lezione di lingua italiana.

Appena chiusa la porta, come spesso ci accade, ci investe un senso di inadeguatezza e di impotenza, nel toccare con mano un bisogno che va ben oltre il piccolo aiuto che possiamo offrire. Il pensiero di questo incontro, del volto triste di una delle ragazze, nascosta sotto il cappuccio, non si allontana dalla mente, e iniziamo a pensare e ripensare a una qualche possibile soluzione.
Poi l’idea! Conosciamo una famiglia proveniente dal loro stresso Paese, sono degli amici. La figlia più piccola ormai ventunenne a suo tempo ha frequentato Portofranco. Telefoniamo alla mamma, le raccontiamo delle ragazze, della zia affannata, delle difficoltà della mamma, del problema della lingua. Le chiediamo se possiamo proporre a sua figlia, ora universitaria, di venire a insegnare italiano alle ragazze. Lei dopo aver ascoltato le nostre parole un po’ concitate dice: «Ho appena rivissuto tutta la mia vita, di quando sono arrivata in Italia, e dico che è arrivato per noi il tempo di restituire ciò che abbiamo ricevuto e riceviamo, quando torna lo dico a mia figlia e grazie».

La sera stessa ci chiama la ragazza per dire che i giorni liberi dalle lezioni sono il martedì ed il giovedì, proprio i due pomeriggi in cui Portofranco è aperto.
Dopo la prima lezione gli occhi della sedicenne brillano… E del cappuccio non c’è più bisogno.

di Patrizia Fioriti